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LE FRATTURE OSSEE NELL'ANZIANO. PERCHÉ SONO COSI' PERICOLOSE

Quello delle fratture è uno dei problemi più insidiosi che ci si trova ad affrontare superati i 65 anni d’età. Lo dimostrano le statistiche. La rottura dell’osso rientra infatti fra i maggiori rischi per la salute, e a livello individuale e dal punto di vista sociale.

Per i giovani, la frattura ossea rappresenta un evento relativamente innocuo. Diverso è il caso delle persone anziane, e degli adulti di sesso femminile in particolare, per le quali le conseguenze di un infortunio possono essere gravi e protrarsi a lungo.

Il motivo principale risiede nell’indebolimento strutturale delle ossa che ha luogo nell’anziano, un fenomeno fisiologico che può essere però favorito dall’osteoporosi. Si tratta di una malattia estremamente subdola, in quanto di fatto risulta “asintomatica”.
Un altro fattore determinante è costituito dalla riduzione della tenuta muscolare che si registra con l’invecchiamento. Un processo naturale aggravato dallo scarso movimento.

In un soggetto anziano, anche una semplice caduta può provocare danni rilevanti e sofferenze prolungate. Le fratture occorse influiscono poi su circolazione e pressione sanguigna, facilitando la formazione di piaghe da decubito causate dalla forzata immobilità.

Una corretta alimentazione e uno stile di vita sano (svolgendo, per esempio, sessioni di ginnastica leggera), possono fungere da naturale strumento di prevenzione, oltre a migliorare la salute di chi ne fa beneficio. Nel caso sopraggiunga una frattura, può essere utile invece far ricorso alla magnetoterapia, pratica terapeutica non invasiva ampiamente utilizzata per accelerare il processo di ricostruzione ossea.

Il vantaggio della magnetoterapia sta nell’esercitare un’azione antinfiammatoria e antidolorifica capace di contrastare i dolori acuti o cronici, derivanti da disturbi osteo-articolari, in modo non farmacologico. Un valido rimedio per combattere fratture e acciacchi quotidiani.

Gonalgia - Magnetoterapia

GONALGIA: QUANDO IL GINOCCHIO FA MALE

Focus sulla gonalgia o dolore al ginocchio

Molti di noi ne soffrono, o ne hanno sofferto in passato, pochi però ne riconoscono le caratteristiche: stiamo parlando della gonalgia o dolore al ginocchio. La gonalgia rappresenta uno dei disturbi reumatici più diffusi fra la popolazione italiana. Qualcuno si starà certamente chiedendo se sia possibile porvi rimedio? Se ti sei fatto anche tu questa domanda sei nel posto giusto. Leggendo questo articolo scoprirai in che cosa consiste la gonalgia, da cosa può dipendere e come si può risolvere il problema.

Hai sempre sentito parlare della gonalgia, ma non sai nulla a riguardo? Sei già informato sull’argomento, ma vuoi saperne di più? Prenditi qualche minuto per scoprire sintomi e fattori di rischio di questo disturbo particolarmente frequente. Capiremo insieme di che cosa si tratta.

Prima di iniziare la nostra indagine, ricordiamo che questo contenuto ha come scopo principale quello di aiutare a comprendere il problema della gonalgia. Per una diagnosi accurata o un esame approfondito invitiamo a consultare il proprio medico.

Pronto a saperne di più sulla gonalgia? Cominciamo!

Con la parola gonalgia identifichiamo un dolore di intensità variabile all’altezza del ginocchio.

GONALGIA: I NUMERI DEL FENOMENO

Quasi un italiano su tre soffre di dolori cronici e fra questi rientra indubbiamente la gonalgia. È difficile stabilire con esattezza quante siano le persone colpite dal disturbo. Come vedremo, infatti, il dolore al ginocchio può avere molteplici cause. La gonalgia, per esempio, può dipendere da malattie come l’artrosi.

La gonalgia può manifestarsi a qualunque età, ma è diffusa soprattutto fra gli anziani, le cui condizioni fisiche ne favoriscono lo sviluppo.

GONALGIA: COS’E’

La gonalgia, letteralmente “dolore al ginocchio” è un disturbo muscolo-scheletrico estremamente diffuso, una problematica che interessa soprattutto coloro che svolgono una vita attiva. Non si tratta dunque di una patologia a sé stante, bensì di un sintomo che può celare una qualche condizione patologica.  

Perché il ginocchio è tanto complesso?

L’articolazione del ginocchio è composta da ossa, muscoli, tendini e terminazioni nervose. Tale struttura consente di rimanere in posizione eretta e permette il movimento degli arti inferiori.

Alla formazione del ginocchio concorrono molteplici elementi: femore, tibia, rotula, menisco, capsula fibrosa e membrana sinoviale. Reggendo il peso del resto del corpo, tuttavia, il ginocchio viene sottoposto a costante e progressiva usura.   

GONALGIA: LE CAUSE

La gonalgia può dipendere dunque da molteplici cause. L’articolazione del ginocchio, lo abbiamo ormai capito, è tanto complessa quanto fragile, essendo costantemente esposta al rischio di rotture e/o alterazioni della sua funzionalità. Ogni elemento che la compone può essere interessato da processi patologici. Va notato, ad ogni modo, che l’articolazione del ginocchio risulta soprattutto soggetta a lesioni di natura traumatica, come distorsioni o fratture.

Dal punto di vista eziologico, la gonalgia può derivare dalle seguenti condizioni: lesioni al menisco, rotture dei legamenti, sindrome femoro-rotulea, instabilità della rotula, cisti di Baker, morbo di Osgood Schlatter (apofisite tibiale anteriore). Alla radice del problema possono esservi anche forme infiammatorie, come la tendinite rotulea (detta anche ginocchio del saltatore) e la borsite rotulea (o ginocchio della lavandaia) oppure patologie croniche quali artrite o, appunto, artrosi.

Fra le condizioni che possono favorire la comparsa di una gonalgia figurano la postura scorretta e lo sbalzo di temperatura. I fattori di rischio della gonalgia sono numerosi e comprendono peso eccessivo, fratture pregresse e anomalie strutturali (ginocchio varo o valgo). Anche particolari attività sportive possono rappresentare situazioni predisponenti (si pensi alla danza classica)

N.B: La gonalgia può peggiorare considerevolmente se trattata in maniera scorretta o tardiva.

La gonalgia può dipendere da semplici infiammazioni o da patologie come l’artrosi.

GONALGIA: I SINTOMI

I sintomi associati alla gonalgia sono tanto numerosi quanto le cause che lo possono determinare. Tipicamente si accompagna al dolore un certo grado di rigidità articolare. Possono poi comparire lividi, arrossamenti e gonfiori.  Il dolore può essere transitorio e non essere legato ad alcuna malattia. Se ricorrente, di contro, questo può indicare la presenza di una condizione patologica.

La gonalgia ha carattere e intensità variabile. Il dolore può manifestarsi in tutte le diverse parti del ginocchio: anteriore, posteriore, mediale e laterale. Sono frequenti gli episodi di cedimento.

Limitando notevolmente lo svolgimento delle attività quotidiane, il dolore al ginocchio risulta estremamente debilitante e, talvolta, persino invalidante. 

GONALGIA: LA DIAGNOSI

Per capire da cosa può dipendere la gonalgia è necessario in primo luogo individuare la localizzazione del dolore, valutandone tempi e modalità di insorgenza. Il test del glide rotuleo, così come quello di apprensione, può essere utile a fini diagnostici. Tra gli esami strumentali eventualmente richiesti figurano la risonanza magnetica nucleare e la TAC.

GONALGIA: LA TERAPIA

Il trattamento della gonalgia è in genere conservativo.

Le tecniche di manipolazione possono contribuire alla riduzione della rigidità muscolare. Farmaci e infiltrazioni di acido ialuronico possono ostacolare i processi patologici, ritardandone la progressione. Per la gestione della gonalgia, può essere utile ricorrere a tutori, ginocchiere stabilizzanti e nastri Taping. Possono essere inoltre prescritti plantari propriocettivi e ortesici correttivi.

GONALGIA: COME INTERVENIRE

Come noto, le terapie convenzionali non si rivelano sempre efficaci nel contrastare la gonalgia e possono non rispondere ai bisogni del malato. I rimedi farmacologici, in particolare, possono essere mal tollerati da coloro che ne fanno ricorso o provocare reazioni avverse.

In questi casi, la magnetoterapia può rappresentare la soluzione al problema. La magnetoterapia è una metodica sicura e non invasiva impiegata con successo nella gestione del dolore al ginocchio. Grazie ai campi magnetici le persone interessate dalla gonalgia possono combattere il dolore in modo efficace, migliorando così la propria qualità di vita.

 

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EPICONDILITE: COME TRATTARE IL GOMITO DEL TENNISTA

Focus sull’epicondilite, il celebre “gomito del tennista”.

Se lavarsi i denti o sollevare una bottiglia risulta improvvisamente difficile ci si potrebbe trovare di fronte al noto gomito del tennista o epicondilite, una delle problematiche muscolo-scheletriche più diffuse. Ma che cosa si intende per epicondilite? E, soprattutto, come è possibile porvi rimedio?

Hai sempre sentito parlare del famigerato gomito del tennista, ma non sai nulla a riguardo? Vorresti avere qualche informazione in merito, ma non sai dove cercarle? Sei nel posto giusto! Leggendo questo articolo scoprirai cos’è l’epicondilite, da cosa è causata e come si deve trattare il problema.

Prima di iniziare la nostra disamina, ricordiamo che questo articolo presenta solamente alcune informazioni utili alla comprensione del problema esaminato. Per ogni ulteriore approfondimento e/o diagnosi accurata invitiamo ad interpellare il proprio medico.

Pronto a saperne di più sull’epicondilite? Cominciamo!

Il dolore dato dall’epicondilite è tipicamente ben localizzato. Un disturbo generico al gomito può essere invece causato da patologie come l’artrosi.

EPICONDILITE: LE STATISTICHE

Il gomito del tennista o epicondilite laterale insorge nel momento in cui movimenti ripetuti compromettono l’estensione del polso e le normali funzionalità dell’avanbraccio. Sono considerati soggetti a rischio coloro che praticano sport con racchetta, ma anche gli individui che svolgono specifiche attività professionali (ad esempio: cuochi, giardinieri e falegnami).

L’epicondilite tende a manifestarsi tra i 30 e i 50 anni di età. Nonostante ciò, chiunque può essere colpito dal disturbo qualora sia esposto ai rispettivi fattori predisponenti.

EPICONDILITE: COS’E’

Si ha a che fare col gomito del tennista quando i tendini che collegano i muscoli dell’avambraccio all’epicondilo laterale (la parte esterna del gomito) risultano infiammati. In genere, l’epicondilite è determinata da un sovraccarico funzionale. Non per nulla, la problematica interessa sopratutto i soggetti che ripetono più volte determinati tipi di azione.

Il gomito del tennista è una tendinopatia inserzionale: il processo flogistico interessa l’inserzione dei muscoli estensori dell’avambraccio, quelli che originano dall’epicondilo laterale del gomito (localizzato in prossimità dell’estremità inferiore dell’omero).  

Il gomito dal tennista colpisce solo i tennisti?

Il 95% degli individui affetti da epicondilite non pratica il tennis. Viceversa, una percentuale considerevole dei tennisti (tra il 10 e il 50% del totale) presenta una sintomatologia riconducibile al disturbo descritto.

EPICONDILITE: LE CAUSE

L’epicondilite è dunque causata da un’infiammazione a carico delle strutture muscolo-tendinee responsabili dell’estensione del polso o delle dita della mano.

Si tratta di una condizione che ha luogo principalmente quando i muscoli e i tendini del gomito sono indotti a sforzi eccessivi oppure quando movimenti scorretti determinano microtraumi ripetuti.

N.B: L’epicondilite è una malattia curabile, ma può peggiorare in modo considerevole se non viene trattata tempestivamente ed in maniera adeguata.

L’epicondilite interessa la parte esterna dell’articolazione; il disturbo percepito sul lato interno del gomito è noto invece come “gomito del giocatore di golf”

EPICONDILITE: I SINTOMI

Il principale sintomo dell’epicondilite è il dolore avvertito in corrispondenza dell’epicondilo laterale, appena sotto il gomito; disturbo che può irradiarsi al polso e alla mano.

Inizialmente, la sensazione dolorosa compare nel momento in cui si eseguono movimenti di estensione del polso, aumentando con il coinvolgimento dei muscoli vicini. Con il passare dei giorni, non di meno, il dolore può propagarsi lungo l’intero arto superiore e persistere anche a riposo. Le attività di tutti i giorni vengono così compromesse: semplici gesti quali dare la mano, sollevare una bottiglia o aprire una porta diventano improvvisamente ostacoli insormontabili.

Lo stato di infiammazione può durare dai sei mesi ai due anni. I sintomi tendono comunque a manifestarsi con gradualità.

Oltre al dolore, sintomi tipici dell’epicondilite sono l’indebolimento dei movimenti della mano e l’aumento della rigidità muscolare. Il braccio colpito è prevalentemente quello dominante, ma entrambi gli arti possono essere interessati dal disturbo.

EPICONDILITE: LA DIAGNOSI

La diagnosi si effettua mediante la palpazione diretta e l’esecuzione di specifici test di accertamento (Cozen e Mills) durante l’esame obiettivo. Per escludere la presenza di altre patologie, ad ogni modo, possono essere prescritte indagini ai raggi X e risonanze magnetiche.

EPICONDILITE: LA TERAPIA

Il trattamento dell’epicondilite è in genere conservativo. Si preferisce ricorrere alla soluzione chirurgica soltanto se strettamente necessario.

Trattandosi di una condizione autolimitante, l’infiammazione può guarire spontaneamente con il riposo. Tuttavia, se non gestita in modo corretto, la problematica può cronicizzarsi.

Le tecniche di manipolazione possono contribuire alla riduzione della rigidità muscolare. Analogamente, rimedi quali l’applicazione di impacchi freddi, l’utilizzo di tutori di supporto e l’assunzione di medicinali antidolorifici (paracetamolo e farmaci non steroidei) possono rivelarsi utili per contrastare il dolore, che può persistere a lungo. In alcuni casi, non a caso, possono essere prescritte iniezioni di corticosteroidi (tramite infiltrazioni).

EPICONDILITE: COME INTERVENIRE

Sfortunatamente, le procedure convenzionali non rispondono sempre alle aspettative del malato. I rimedi farmacologici tradizionali possono essere mal tollerati o provocare reazioni avverse. L’applicazione locale di gel cutanei, viceversa, per alcuni può risultare fastidiosa. Gli interventi chirurgici, d’altra parte, per quanto alle volte necessari, non sono esenti da rischi e comportano notevoli disagi.

Nei casi in cui le terapie convenzionali non rappresentano la soluzione al problema, possono intervenire le terapie fisiche, in grado di accelerare il percorso di guarigione e contrastare i sintomi dell’epicondilite. Ove il dolore persiste e/o condiziona la qualità di vita del malato si raccomanda l’impiego della magnetoterapia, metodica sicura e non invasiva per il trattamento dei disturbi reumatici. Una soluzione pratica ed efficace contro il gomito del tennista.  

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sindrome del tunnel carpale

LA SINDROME DEL TUNNEL CARPALE: L’INCUBO DI MILIONI DI ITALIANI

Guida sulla sindrome del tunnel carpale e su come combattere questa problematica sempre più frequente.

Formicolii che rovinano il sonno, intorpidimenti alla mano, senso del tatto alterato; la celebre sindrome del Tunnel carpale è una delle patologie più temute dagli italiani. Pochi sanno però in che cosa consista questo disturbo.

Hai sempre sentito parlare della sindrome del tunnel carpale, ma non sai nulla a riguardo? Vorresti avere qualche informazione in più sull’argomento, ma non sai dove cercarle?  Sei fortunato: questo è il posto che fa per te! Dopo la lettura di questo articolo saprai cos’è la sindrome del tunnel carpale, da cosa è causata e quali sono le terapie per la sua cura.

Prima di introdurci nello studio della sindrome del tunnel carpale, ricordiamo che questo contributo offre solamente spunti utili alla comprensione del problema: non si sostituisce al consulto medico, che rimane infatti di esclusiva competenza medica.

Fatte queste premesse, possiamo ora iniziare a parlare della sindrome del tunnel carpale.

Statisticamente, l’incidenza della sindrome del tunnel carpale è maggiore nelle donne rispetto agli uomini (rapporto di 3 a 1).

SINDROME DEL TUNNEL CARPALE: LE STATISTICHE

La sindrome del tunnel carpale può colpire qualsiasi fascia d’età. Tendenzialmente, tuttavia, interessa soprattutto gli adulti in età lavorativa. La problematica è molto frequente fra la popolazione italiana e si manifesta con un’incidenza maggiore fra i 30 e i 50 anni.

Oltre alle condizioni sopra menzionate, fra i fattori di rischio associati alla sindrome tunnel carpale figurano specifiche situazioni fisiologiche (gli stati di gravidanza), le malattie sistemiche (diabete, artrite reumatoide e ipotiroidismo), gli eventi traumatici e la storia familiare. Sembra inoltre che lavori ripetitivi e manuali (come ad esempio l’utilizzo prolungato del pc) possano essere coinvolti nello sviluppo della sindrome.

SINDROME DEL TUNNEL CARPALE: COS’E’

La sindrome del tunnel carpale è un disturbo localizzato che determina dolore, senso di intorpidimento e un fastidioso formicolio nella zona della mano. Tale stato patologico rientra nel gruppo delle neuropatie da intrappolamento (interessa infatti il nervo mediano del polso).

SINDROME DEL TUNNEL CARPALE: LE CAUSE

Il tunnel carpale è una struttura anatomica, situata all’altezza del polso, che forma una sorta di passaggio per il nervo che scorre lungo tutto il braccio fondamentale per i movimenti degli arti superiori: il nervo mediano. La sindrome del tunnel carpale insorge quando il nervo mediano subisce una compressione nervosa tale da ridurre la propria funzione sensitiva e motoria. Schiacciato dai tessuti circostanti, il nervo mediano finisce per irritarsi, dando origine alla sensazione dolorosa. Il meccanismo alla base dello schiacciamento nervoso è tuttavia ancora sconosciuto.        

In circa il 70% dei casi la Sindrome del Tunnel Carpale è bilaterale.

SINDROME DEL TUNNEL CARPALE: I SINTOMI

La sindrome del tunnel carpale si distingue per il caratteristico senso di intorpidimento alla mano (formicolio), che può essere talvolta associato a dolore. I disturbi possono essere inizialmente intermittenti e diventare cronici nel corso del tempo. I sintomi della sindrome del tunnel carpale tendono ad acutizzarsi durante la notte ovvero nel momento in cui vengono stabilmente sollecitate le regioni interessate.

Oltre ai segnali tipici, la sindrome del tunnel carpale può dar luogo a manifestazioni sintomatiche quali gonfiore, alterazioni del colore della pelle e atrofie muscolari, con conseguente difficoltà a compiere le più semplici azioni manuali come scrivere o impugnare un oggetto.

SINDROME DEL TUNNEL CARPALE: LA DIAGNOSI

Solitamente, un esame obiettivo accurato è sufficiente per diagnosticare la sindrome del tunnel carpale. In alcuni casi, ad ogni modo, è necessario ricorrere ad ulteriori controlli per accertare la natura reale del disturbo. Fra gli esami strumentali cui è possibile ricorrere vi sono l’elettromiografia e il test dei raggi X.

SINDROME DEL TUNNEL CARPALE: LA TERAPIA

La terapia della sindrome del tunnel carpale può essere conservativa o chirurgica, a seconda della gravità e della durata della sintomatologia. Il trattamento terapeutico dipende dalla gravità e dalla durata dei sintomi. Quando i disturbi sono moderati la terapia è in genere conservativa. Solamente nei casi più gravi si intraprende la strada della chirurgia.  

Rientrano in questo gruppo di trattamenti, l’impiego di impacchi di ghiaccio, l’utilizzo di tutori in grado di bloccare la flessione del polso e la somministrazione di farmaci corticosteroidi (antinfiammatori). Per prevenzione, può essere utile comunque correggere alcuni comportamenti: prendere delle pause durante il lavoro, migliorare la postura del corpo e ridurre lo stato di tensione alle articolazioni.

SINDROME DEL TUNNEL CARPALE: COME INTERVENIRE

Alcune soluzioni farmacologiche possono essere somministrate tramite iniezione locale direttamente sulla zona dolente. Un uso prolungato di questi composti può avere tuttavia gravi effetti collaterali. Senza contare che questi rimedi rappresentano in ogni caso risposte temporanee.

Anche l’intervento chirurgico, per quanto talvolta necessario (e fondamentalmente sicuro), non è esente da possibili complicazioni e non esclude eventuali recidive. I postumi dell’operazione, peraltro, possono farsi sentire a lungo, creando notevoli disagi sulle abitudini quotidiane.

In queste circostanze, ma più in generale dove vi è la necessità di trattare i disturbi di natura osteo-articolare, la fisioterapia e la medicina integrata rivestono un ruolo fondamentale.

La magnetoterapia rappresenta un approccio non invasivo e non farmacologico che favorisce il naturale recupero della funzionalità e della forza muscolare compromesse dalla sindrome del tunnel carpale. Una soluzione pratica e facilmente applicabile contro questa problematica.  

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Artrosi

ARTROSI: UNA MALATTIA SEMPRE PIÙ’ DIFFUSA

Vademecum sull’artrosi e su come contrastare questa grave patologia che colpisce milioni di italiani.

Hai sempre sentito parlare di artrosi, ma non sai esattamente di che cosa si tratta? Ne soffri anche tu o conosci qualcuno che ne soffre e vorresti approfondirne sintomatologia e trattamenti?
Sei nel posto giusto.

Se ti è stata diagnostica un’artrosi e vuoi capirne di più, questo articolo è ciò che fa al caso tuo. In queste righe troverai tutte le informazioni più importanti in merito all’artrosi.

Prima di scoprire cos’è l’artrosi, ricordiamo che questa breve guida offre solo alcuni spunti utili alla comprensione della problematica e non sostituisce in alcun modo il consulto medico, che rimane di esclusiva competenza dei professionisti di settore.

Fatta questa premessa, è finalmente arrivato il momento di esaminare la condizione dell’artrosi. Partiamo!

I disturbi degenerativi più frequenti sono l’artrosi al ginocchio, l’artrosi alla spalla e l’artrosi all’anca.

ARTROSI: LE STATISTICHE

La comparsa dell’artrosi è direttamente legata all’invecchiamento: la sua insorgenza, infatti, aumenta proporzionalmente con l’aumentare dell’età. L’artrosi è di gran lunga la più importante causa di dolore e di invalidità fra la popolazione anziana.

Prima dei 45 anni sono gli uomini ad essere i più colpiti dalla condizione patologica. In età senile, viceversa, è fra il sesso femminile che la patologia si riscontra più frequentemente. L’artrosi affligge milioni di persone in tutto il mondo e tende a peggiorare nel corso degli anni. In Italia ne soffrono più di 4 milioni di individui.

ARTROSI: COS’E’

L’artrosi, conosciuta anche come osteoartrite, è una malattia ad evoluzione cronica che colpisce le regioni articolari. Si tratta di una patologia a carattere degenerativo che comporta una severa limitazione dei movimenti e la progressiva perdita delle componenti anatomiche che formano le articolazioni.

L’artrosi interessa prevalentemente l’area delle vertebre e le regioni articolari degli arti. Il processo artrosico è contraddistinto da una graduale lesione della cartilagine articolare così come dell’osso sottostante: nel momento in cui il tessuto cartilagineo va ad usurarsi completamente, le ossa che compongono l’articolazione finiscono per fare frizione l’una sull’altra, venendo così danneggiate.

L’artrosi non deve essere confusa con l’artrite reumatoide, che ha un meccanismo di base differente. L‘artrosi non è peraltro una malattia infiammatoria, ma una condizione degenerativa cronica.

ARTROSI: LE CAUSE

L’artrosi è una patologia multifattoriale, che può essere determinata da molteplici cause.  

In base al fattore predisponente, l’artrosisi distingue in artrosi primitiva (senza causa apparente) e artrosi secondaria (conseguenza di eventi traumatici, processi infiammatori o sovraccarichi funzionali). La prognosi varia in funzione dell’articolazione interessata e delle possibilità di intervento sulle cause d’insorgenza.

La malattia colpisce soprattutto gli anziani. L’elemento dell’ereditarietà appare un fattore predisponente. Fra i principali fattori di rischio, figurano l’ereditarietà e l’obesità, l’elemento senza dubbio più rilevante.

Il 15% delle visite ambulatoriali riguarda l’artrosi (Associazione Nazionale Malati Reumatici)

ARTROSI: I SINTOMI

L’artrosi è una patologia cronica che determina dolore e dà origine a disabilità. Il dolore artrosico può essere intermittente, con fasi di riacutizzazione e di remissione dei sintomi.

A essere interessate dalla problematica sono soprattutto le ginocchia, le anche, le articolazioni delle mani e la colonna vertebrale. L’usura della cartilagine provoca inoltre tumefazioni e il rimodellamento delle ossa e dei legamenti.

ARTROSI: LE CONSEGUENZE

L’artrosi riduce significativamente la qualità di vita di chi ne viene colpito. A causa del graduale invecchiamento della popolazione e dell’incremento progressivo del tasso di obesità, i medici prevedono che la prevalenza dello stato patologico sia destinata ad aumentare.

ARTROSI: LA DIAGNOSI

La diagnosi dell’artrosi si basa sull’individuazione delle manifestazioni sintomatiche nonché sull’esame radiologico, che può mettere in rilievo le deformazioni dell’articolazione affetta.

ARTROSI: LA TERAPIA

Le terapie farmacologiche (FANS e cortisone) e la chirurgia possono alleviare i sintomi dell’artrosi,migliorando la funzionalità articolare. Il decorso della patologia è tuttavia irreversibile. La prevenzione dell’artrosi si basa sotto questo profilo sul controllo dei fattori di rischio. Occorre a tal proposito evitare il sovrappeso, le posizioni scorrette ed i carichi eccessivi e ripetuti.

ARTROSI: COME INTERVENIRE

Laddove i rimedi convenzionali non riescono a soddisfare le aspettative del malato, si può far affidamento sulle terapie alternative e tecnologiche come la magnetoterapia, utilizzata con successo nella gestione del processo artrosico e dei sintomi correlati.

Hai qualche informazione da chiederci o qualche consiglio da condividere? Scrivici!! Il tuo contributo è importante.

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QUANDO I TENDINI SI ARRABBIANO

E’ definita Tendinite ed è l’infiammazione dei tessuti che collegano le ossa ai muscoli, permettendo il movimento delle articolazioni. Le zone più comunemente colpite sono spalle, gomiti (comunemente nota come epicondilite o gomito del tennista), mani e polsi, anche, ginocchia, caviglie.
Le cause di questa diffusa patologia sono frequentemente di origine traumatica, soprattutto in ambito sportivo. Nelle forme croniche, invece, la causa è data più spesso da un movimento, spesso sbagliato, ripetuto e continuativo, tale da danneggiare in modo progressivo l’articolazione fino alla cronicizzazione del disturbo.

Nei soggetti affetti da patologie metaboliche, quali il diabete o le tireopatie, il metabolismo alterato dei tessuti sembra indurre una maggiore debolezza della loro struttura e una difficoltà ad attivare i normali processi di riparazione. Il sovrappeso e l’obesità sono infatti fattori predisponenti e sfavorevoli per una risoluzione ottimale della patologia.
In altre parole quando li maltrattiamo si “arrabbiano” e si fanno sentire.

In questi casi può essere molto utile il trattamento a base di Magnetoterapia, una metodica medica non invasiva, efficace per accelerare il processo di ricostruzione dei tessuti ossei e per contrastare il dolore.


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Artrite Reumatoide

ARTRITE REUMATOIDE: UN PROBLEMA PER MIGLIAIA DI PERSONE

L’artrite reumatoide è una delle patologie più note e nel contempo meno conosciute fra la popolazione del nostro paese.

In famiglia o entro la propria cerchia di amici sempre più spesso si sente parlare di artrite reumatoide. Quanti di noi però, ne conoscono davvero le peculiarità? Frequentemente confusa con altri disturbi, l’artrite reumatoide rappresenta un problema per migliaia di persone. Come è possibile affrontarla? Ne discuteremo sotto.

Desideri avere qualche informazione in merito all’artrite reumatoide, ma non sai dove trovarle? Sei a conoscenza di che cosa si tratta, ma vorresti saperne di più? Qui potrai ottenere le risposte che tanto aspettavi. Scoprirai in che cosa consiste l’artrite reumatoide, le caratteristiche che la contraddistinguono e quali rimedi possono essere messi in atto per il suo contrasto.

N.B: questo articolo ha lo scopo di favorire la comprensione dell’artrite reumatoide e non è da intendere come sostituto del consulto medico. Raccomandiamo pertanto di rivolgersi al personale sanitario in caso di bisogno.

Approfondiamo allora l’artrite reumatoide.

Gli italiani malati di artrite reumatoide sono quasi mezzo milione, il 75% di sesso femminile.

Sono identificate col termine di artrite (letteralmente ‘articolazione dolorante’) più di cento patologie differenti, accomunate dalla caratteristica di determinare uno stato infiammatorio a livello fisiologico (Centro nazionale per la prevenzione delle malattie e la promozione della salute dell’Istituto superiore di sanità). Le diverse forme di artrite rientrano nella macro-categoria dei cosiddetti reumatismi, il principale fattore di disabilità nella popolazione adulta.

L’artrite reumatoide è una malattia cronica che interessa le articolazioni, in particolare la membrana sinoviale, il cui liquido va a nutrire la cartilagine e le ossa all’interno della capsula articolare. La sua infiammazione comporta la distruzione del tessuto cartilagineo e la conseguente erosione dell’osso adiacente.

L’artrite reumatoide è una patologia autoimmune che si manifesta quando le difese immunitarie (per motivi ignoti) iniziano ad attaccare il sistema articolare. Fattori genetici ed ambientali sembrano associati allo sviluppo dell’affezione. Anche alcuni farmaci, nondimeno, sembrano poter predisporre alla stessa. I sintomi dell’artrite reumatoide possono essere confusi con quelli dell’artrosi, la quale, tuttavia, è una malattia degenerativa che non ha origine autoimmunitaria.

Dolore, gonfiore e rigidità sono segni caratteristici della malattia, ma possono pure comparire astenia e stati febbrili. Distinguono la condizione dell’artrite reumatoide i disturbi alla mano (polsi e dita) ed il fatto che questa colpisce in modo simmetrico entrambi i lati del corpo. Il decorso della patologia può essere lieve o grave. In alcuni casi, le manifestazioni dolorose sono costanti, altre volte intermittenti (alternanza periodi di riacutizzazione e remissione).

L’artrite reumatoide interessa circa 400 mila pazienti in Italia ed è diffusa principalmente fra la popolazione femminile (Fondazione Veronesi).

La malattia ha conseguenze significative sotto il profilo emotivo. Fra le persone affette dalla problematica, ansia e depressione sono infatti sintomi comuni. L’artrite reumatoide ha anche pesanti ricadute dal punto di vista sociale: interferisce con le attività quotidiane del malato ed i costi sanitari correlati gravano quasi interamente sulle loro famiglie (ospedalizzazioni, esami diagnostici, terapie riabilitative o farmacologiche, assistenza domestica, ecc…).

A causa di una sintomatologia comparabile a quella di altre affezioni (e del fatto che la stessa varia da soggetto a soggetto), identificare l’artrite reumatoide risulta complicato. Ad oggi, non esiste inoltre alcun esame specifico per la diagnosi della condizione, che giunge di fatto per esclusione. Esami di laboratorio quali il Reuma test (ricerca del fattore reumatoide) sono funzionali alla conferma della prognosi medica.

L’attuale approccio di cura dell’artrite reumatoide ha l’obiettivo di ridurre lo stato infiammatorio (A), rallentare il processo di lesione dell’articolare (B), e migliorare la salute complessiva del malato (C). L’Iter convenzionale comprende cambiamenti nello stile di vita del malato, l’utilizzo di soluzioni farmacologiche (corticosteroidi, FANS e DMARDs) e programmi di trattamento fisioterapeutico. Anche l’opzione chirurgica non è esclusa.

Per quanto talvolta efficaci, tali strategie non si rivelano sempre risolutive. Laddove le pratiche tradizionali non apportano i benefici auspicati, può intervenire la medicina integrativa, come ad esempio la magnetoterapia che risulta particolarmente utile nella gestione dei problemi reumatici.