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Malattie reumatiche

curare artrite reumatoide con la magnetoterapia

Una terapia per l'artrite reumatoide

L’artrite reumatoide è una patologia cronica debilitante che
colpisce le articolazioni, causando infiammazione, dolore e
limitando la mobilità del malato. Il trattamento tradizionale spesso si concentra sull’uso di farmaci e terapie fisiche per gestire i sintomi, ma negli ultimi anni sta emergendo anche la
magnetoterapia come possibile approccio terapeutico
complementare.

Cos’è l’artrite reumatoide?

cos è l artrite reumatoide

 

 

 

 

 

 

 

 

L’artrite reumatoide è una malattia autoimmune in cui il sistema immunitario attacca erroneamente le articolazioni, causando infiammazione cronica. I sintomi includono dolore articolare, rigidità, gonfiore e limitazioni nella mobilità. Questa condizione può compromettere la qualità della vita e richiede un trattamento a lungo termine per gestirne gli effetti.

Approcci terapeutici tradizionali

I comuni trattamenti per l’artrite reumatoide includono farmaci antinfiammatori, immunosoppressori e terapie fisiche come fisioterapia e terapia occupazionale. Tuttavia, questi approcci possono avere effetti collaterali e non sempre forniscono sollievo completo ai pazienti.

Ruolo della magnetoterapia per l’artrite reumatoide

La magnetoterapia è una forma di terapia non invasiva che utilizza campi magnetici per influenzare i processi biologici nel corpo. È stata studiata per il suo potenziale nel ridurre l’infiammazione e alleviare il dolore associato all’artrite reumatoide. Ricerche scientifiche hanno evidenziato che l’applicazione mirata di campi magnetici può avere effetti benefici sulle cellule e sul tessuto circostante, riducendo l’infiammazione e promuovendo la guarigione.

Meccanismi d’azione della magnetoterapia sull’artrite reumatoide

La magnetoterapia agisce sui processi biologici attraverso diversi
meccanismi. Uno dei principali è la capacità dei campi magnetici di
influenzare la produzione di molecole anti-infiammatorie nel
corpo, riducendo così l’infiammazione nelle articolazioni colpite
dall’artrite reumatoide. La magnetoterapia può migliorare la
circolazione sanguigna nella zona trattata, facilitando il trasporto
di nutrienti e ossigeno nei tessuti danneggiati, accelerando il
processo di guarigione.

 

Evidenze scientifiche e studi clinici

Diversi studi clinici hanno dimostrato gli effetti positivi della
magnetoterapia nel trattamento dell’artrite reumatoide. Queste ricerche, in particolare, hanno messo in evidenza una significativa riduzione del dolore e dell’infiammazione nelle articolazione esposte ai campi magnetici pulsati (CEMP).

 

Applicazioni pratiche della magnetoterapia

La magnetoterapia può essere eseguita attraverso specifici
dispositivi, muniti di appositi accessori. È possibile svolgere
sedute magnetoterapeutiche presso cliniche specializzate.
Utilizzare dispositivi professionali per l’auto-trattamento domiciliare dei dolori, come quelli di Amel Medical, garantisce tuttavia una maggiore continuità di trattamento.

 

Considerazioni finali e prospettive future

L’utilizzo della magnetoterapia nel trattamento dell’artrite
reumatoide si è rivelata un utile soluzione per alleviare il dolore e
ridurre l’infiammazione. Le indagini cliniche attualmente in corso
permetteranno di determinare i protocolli ottimali per l’applicazione
dei campi magnetici in questa condizione.

In conclusione, la magnetoterapia rappresenta un valido strumento
nel trattamento dell’artrite reumatoide. La raccolta di prove
scientifiche prova l’efficacia di questa terapia nella riduzione del
dolore e nel miglioramento della qualità della vita dei pazienti
affetti da questa patologia. Integrare la magnetoterapia con le
terapie farmacologiche potrebbe completare l’approccio terapeutico
per la gestione dell’artrite e migliorare il benessere complessivo
del malato.

edema osseo : trattarlo con la magnetoterapia

Edema osseo: quando il gonfiore provoca dolore

Focus sull’edema osseo o bone edema.

Poco considerato, ma molto frequente: oggi parliamo dell’edema osseo.

Sei convinto che i dolori di stagione siano la causa dei tuoi problemi articolari? E se ti dicessimo che dietro al disturbo può nascondersi una vera patologia?

Molti dolori al ginocchio vengono attribuiti alla causa sbagliata: l’edema osseo è molto più frequente di quanto si immagini.

Esiste un modo semplice, ma anche efficace, per contrastare la patologia? Scopriamolo assieme

Se soffri di questa patologia e vuoi saperne qualcosa in più non puoi rinunciare a questo articolo!

Premessa doverosa: per qualsiasi approfondimento o valutazione clinica raccomandiamo di affidarsi al proprio medico.

Adesso bando alle ciance: parliamo dell’edema osseo!

magnetoterapia edema osseo

EDEMA OSSEO: COS’E’

La parola edema sta a indicare il manifestarsi di un rigonfiamento o gonfiore laddove non dovrebbe essere presente. L’edema osseo denota un deposito di liquido all’interno delle ossa munite di tessuto molle, vale a dire di midollo. Le ossa colpite da edema sono quelle che formano le appendici dell’apparato scheletrico, come ad esempio omero e femore.

EDEMA OSSEO: STATISTICHE

I soggetti interessati sono le donne in sovrappeso e gli adulti fra i 50 e i 70 anni di età. Anche le persone che praticano regolare attività sportiva risultano a rischio.

EDEMA OSSEO: LE CAUSE

Molti dolori al ginocchio senza causa apparente sono stati in passato attribuiti a questa condizione patologica, specie se questa insorge all’improvviso.

L’edema osseo può insorgere come conseguenza di diversi fattori: traumi alle ossa, osteoartrite, sinovite,  osteoporosi e osteonecrosi. Le fratture da edema, che determinano uno stato infiammatorio, sono equiparabili a veri e propri cedimenti strutturali. Un esempio particolarmente calzante è quello delle crepe che possono crearsi sulle pareti di una casa.

edema osseo sintomi

 

EDEMA OSSEO: I SINTOMI

L’edema osseo può essere asintomatico o sintomatico. Il sintomo tipico è quello del dolore, che si presenta all’altezza dell’osso interessato. Altri sintomi che possono manifestarsi sono: gonfiore, ematomi e difficoltà nei movimenti.

EDEMA OSSEO: LA DIAGNOSI

L’edema si può diagnosticare con una risonanza magnetica, che fornisce immagini dettagliate dei tessuti molli e delle ossa.

EDEMA OSSEO: LA TERAPIA

Nei casi meno gravi, l’edema può regredire spontaneamente. L’applicazione di ghiaccio e le iniezioni di corticosteroidi sulle zone dolenti possono favorire il contrasto degli stati infiammatori.

 

Quando l’edema è dovuto a fratture, osteonecrosi ed eventi traumatici, è invece possibile ricorrere alla chirurgia, che tuttavia non va mai presa alla leggera. Se la persona colpita da edema è affetta  da osteoporosi o osteoartrite, d’altro canto, è necessario fronteggiare le cause scatenanti. La fisioterapia, in questo senso, può rivelarsi uno strumento fondamentale.

EDEMA OSSEO: COME INTERVENIRE

La magnetoterapia è una pratica fisioterapica che sfrutta i campi magnetici pulsati per combattere dolore e infiammazione provocate dai disturbi osteo-articolari. Agendo a livello micro-cellulare, questo trattamento consente di migliorare le condizioni dell’apparato muscolo-scheletrico in modo non invasivo e senza rischi per la salute. Una valida soluzione per il trattamento dell’edema osseo.  

I dispositivi della linea Magnetology, semplici da maneggiare e facili da utilizzare, rappresentano il meglio che la tecnologia applicata alla salute possa offrire in termini di efficienza, funzionalità e qualità. Soluzioni ad alto contenuto tecnologico appositamente sviluppate per l’uso domiciliare.

 

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DOLORI ARTICOLARI: CAUSE E RIMEDI

Le giunzioni articolari sono i punti del corpo in cui le ossa vengono a contatto.

Parliamo di una delle aree anatomiche più complesse. Le articolazioni, non a caso, assolvono una delle funzioni fisiologiche più importanti: il movimento.

Proprio per questo la loro corretta funzionalità deve essere garantita: mantenere le articolazioni in salute non è solo importante, ma è anche necessario.

La natura, in parte, soddisfa da sé tale compito, tramite la secrezione del liquido sinoviale che svolge un’azione lubrificante, regolando l’attrito fra ossa e cartilagini. Questo meccanismo biologico, tuttavia, viene meno col passare del tempo. Nascono così i tanto temuti dolori articolari.

Per una serie di cause interconnesse (vita sedentaria, aumento del peso, comparsa di patologie degenerative, ecc…), la sofferenza osteo-articolare può pure cronicizzarsi, diventando persistente. Ciò avviene di frequente negli anziani, come conseguenza del processo di invecchiamento.

Tra le regioni maggiormente soggette a sintomatologia dolorosa derivante da disturbi di natura articolare vi sono certamente spalle, gomiti e ginocchia.

Quando si ha a che fare con simili problematiche, il primo consiglio da seguire è quello di sottoporsi ad una visita specialistica, in modo da “scattare” una perfetta fotografia della situazione.
Grazie al consulto medico, spesso si scopre che il dolore non è che il risultato di una patologia muscolo-scheletrica, in genere l’artrosi o l’artrite (ad esempio, quella reumatoide).

L’artrosi è una malattia frequente negli adulti di età superiore ai 40 anni e provoca dolori persistenti. Progredisce lentamente e tende a colpire polsi, anche e ginocchia. Il dolore dovuto all’artrosi deriva da una lesione della cartilagine, lo strato protettivo delle regioni articolari.

L’artrite reumatoide, al contrario, colpisce appena l’1% della popolazione. Si tratta di una patologia infiammatoria caratterizzata da un’effettiva compromissione delle articolazioni interessate. Il suo sintomo distintivo è la rigidità a livello articolare.

Una delle metodiche più efficaci che la scienza identifica per contrastare i disturbi dell’apparato osteo-articolare è sicuramente la Magnetoterapia pulsata.

La magnetoterapia è una pratica riconosciuta dalla gran parte comunità medica che sfrutta i benefici dei campi magnetici sul potenziale di membrana cellulare. Il trattamento può essere svolto in assoluta autonomia e non comporta rischi per la salute: l’impiego dei campi magnetici è di fatto privo di controindicazioni, ad eccezione dei portatori di pace-maker e le donne in stato di gravidanza. La magnetoterapia CEMP dona nuova energie alle cellule, ripristinando la loro carica vitale. Uno strumento utile per contrastare le principali problematiche che coinvolgono le articolazioni.

Periartrite alla spalla - magnetoterapia

PERIARTRITE: IL DISTURBO ALLA SPALLA PIU’ COMUNE

Focus sulla periartrite, il disturbo doloroso più diffuso a livello della spalla

Hai presente quel fastidioso dolore alla spalla che sembra non volersene andare? Probabilmente si tratta di una forma di periartrite alla spalla. Un disturbo comune tanto quanto impossibile da trascurare.

La periartrite è una condizione patologica di natura infiammatoria che interessa l’articolazione scapolo-omerale. Tale affezione colpisce i tessuti fibrosi che circondano la suddetta regione anatomica, cioè tendini, borse sierose, legamenti e cartilagini.

Esistono molti rimedi per contrastare la periartrite alla spalla. Scopriremo in questo contributo quali sono i più efficaci.

Desideri avere qualche informazione sulla periartrite, ma non sai dove cercarle? Soffri di dolori alle spalle e non sai dove sbattere la testa? Non preoccuparti: in questo articolo potrai troverai quello che cerchi!

Capiremo che cosa intendiamo per periartrite, da cosa è causato il disturbo e come è possibile trattare il problema.

Premessa: ricordiamo che questo contenuto presenta solamente informazioni utili alla comprensione del problema. Per una diagnosi accurata è necessario il consulto medico.

La periartrite scapolo-omerale è nota anche come malattia di Duplay, il medico che per primo la identificò.

PERIARTRITE: LE STATISTICHE

La periartrite è certamente una delle condizioni più diffuse fra la popolazione del nostro paese. Secondo recenti statistiche la patologia interesserebbe quasi il 3% degli italiani. I numeri del fenomeno potrebbero tuttavia essere maggiori.

La periartrite alla spalla si riscontra frequentemente nella fascia di età compresa fra i 40 e 60 anni.

Il disturbo sembra affliggere soprattutto le donne: le statistiche ci dicono che il 70% dei casi di periartrite riguarda soggetti di sesso femminile.

PERIARTRITE: COS’E’

La periartrite è un processo infiammatorio, a carattere degenerativo, che coinvolge i diversi elementi costitutivi dell’articolazione: tendini, legamenti e cartilagine.
Nello specifico, con l’espressione periartrite scapolo-omerale distinguiamo un insieme di condizioni, a carico della spalla, caratterizzate da dolore e irrigidimento della capsula articolare.
La periartrite alla spalla è un disturbo fastidioso tanto quanto debilitante: l’affezione ha generalmente un’evoluzione benigna, ma richiede tempi di guarigione piuttosto lunghi.

La periartrite alla spalla può manifestarsi in quattro differenti forme, che possono anche presentarsi gradualmente l’una a seguito dell’altra:

periartrite scapolo-omerale acuta – condizione che si manifesta in modo improvviso immobilizzando spalla e braccia
spalla di Milwaukee – forma poco comune legata alla rottura della cuffia dei rotatori o alla deposizione di fosfato di calcio
periartrite scapolo-omerale cronica semplice – tipologia di periartrite particolarmente frequente talvolta derivata dalla periartrite acuta
periartrite scapolo-omerale cronica anchilosante – processo fibrotico della capsula articolare associato a retrazione cicatriziale.

PERIARTRITE: LE CAUSE

In passato il termine periartrite era utilizzato per definire in modo indistinto quei disturbi articolari caratterizzati da dolore e marcata limitazione funzionale. Oggigiorno, di contro, i medici tendono a distinguere le singole affezioni a carico della spalla in funzione delle specifiche aree interessate. Sotto questo profilo, possono essere fotografate numerose situazioni cliniche: dal conflitto acromio-omerale alla rottura della cuffia dei rotatori, passando per la capsulite adesiva.

La condizione più comune che dà origine alla periartrite è comunque la tendinite calcifica, infiammazione determinata della formazione di depositi di calcio a livello tendineo, cui è riconducibile quasi il 50% delle situazioni di dolore alla spalla.

Le cause che danno luogo allo stato d’infiammazione non sono ancora completamente note. La ricerca ha messo in evidenza il legame fra la periartrite alla spalla e problematiche quali diabete mellito, ipertiroidismo e malattie cardio-polmonari.

Possono incidere nello sviluppo della periartrite scapolo-omerale svariati fattori, fra i quali: invecchiamento, malformazioni articolari, alterazioni posturali, periodi d’immobilità forzata e infortuni. La comparsa della patologia può essere favorita dall’abbassamento delle temperature e dalla simultanea presenza di uno stato artrosico. Statisticamente, il disturbo sembra colpire soprattutto coloro che praticano regolare attività sportiva o chi, per il proprio lavoro, deve tenere a lungo le braccia sollevate, sollecitando la spalla in maniera eccessiva.

PERIARTRITE: I SINTOMI

La periartrite alla spalla provoca un dolore di varia intensità che può rivelarsi decisamente invalidante. Spesso la sintomatologia è monolaterale, ma può anche accadere che interessi entrambe le spalle. Il dolore insorge frequentemente di notte (periartrite acuta) e peggiora quando si eseguono determinati movimenti (periartrite cronica).

Comportando un forte senso di rigidità, la periartrite scapolo-omerale riduce la mobilità articolare, compromettendo lo svolgimento delle attività che richiedono l’uso degli arti superiori (come vestirsi, lavarsi e guidare). Nel caso della periartrite cronica anchilosante, l’articolazione risulta completamente bloccata. Non a caso la “spalla congelata” è la forma di periartrite più complessa da trattare.

Non solo gli sportivi. Lavorando per lungo tempo al computer, anche gli impiegati possono essere colpiti dalla periartrite.

PERIARTRITE: LA DIAGNOSI

Nella maggior parte dei casi, per la diagnosi di periartrite alla spalla l’esame obiettivo si rivela sufficiente.

La patologia può essere identificata attraverso il controllo della mobilità della spalla; in presenza di periartrite gesti apparentemente normali potrebbero provocare dolore o denotare un grado variabile di rigidità articolare.

Si preferisce ricorrere agli esami strumentali quando il quadro clinico del paziente risulta incompleto. Radiografia, Ecografia e Risonanza Magnetica Nucleare rientrano fra i test maggiormente richiesti. Tali strumenti servono a escludere che la sintomatologia possa essere dovuta ad altre affezioni.

PERIARTRITE: LA TERAPIA

La periartrite alla spalla in genere regredisce spontaneamente, ma lo fa purtroppo molto lentamente: i tempi di guarigione variano da un minimo di 2 a un massimo di 3 anni.

La gestione della periartrite scapolo-omerale, problematica di natura benigna, è solitamente conservativa ed è finalizzata al contrasto del dolore e al miglioramento del movimento articolare.

Interventi di prevenzione possono essere predisposti agendo sui fattori di rischio.

La terapia può comprendere misure più o meno invasive.

Nel corso della fase acuta, è utile far ricorso a impacchi di ghiaccio o a fasce riscaldanti. Spesso ci si affida a cicli di fisioterapia, per mezzo della quale è possibile migliorare la mobilità dell’articolazione.

Per la riduzione del dolore, si può ricorrere alla somministrazione di farmaci anti-infiammatori. I FANS possono essere assunti per via orale oppure essere applicati direttamente sulla pelle sotto forma di gel o cerotti medicati.

La somministrazione di composti chimici non è a ogni modo esente da rischi. I corticosteroidi, similmente, producono un potente effetto antidolorifico, ma recano pure conseguenze rilevanti sull’organismo (specie se utilizzati sul lungo periodo).

La chirurgia è riservata alle situazioni di dolore cronico prolungato e ai casi in cui il malato non trae beneficio dalle terapie convenzionali.

PERIARTRITE: COME INTERVENIRE

Le terapie sopra menzionate sono certamente utili per il contrasto della periartrite alla spalla. Le pratiche di medicina convenzionale, non di meno, possono rivelarsi inefficaci o creare più disagi che benefici. Quando l’approccio tradizionale non dà i risultati sperati, e il dolore condiziona negativamente la qualità di vita del malato, la medicina integrata può rappresentare la soluzione al problema.

La magnetoterapia rappresenta un valido rimedio per chi desidera trattare la condizione della periartrite. Diversamente dei rimedi farmacologici, infatti, i campi magnetici pulsati non provocano reazioni avverse e, salvo rari casi, possono essere utilizzati da chiunque.

La magnetoterapia è una metodica sicura e non invasiva. I moderni apparecchi per magnetoterapia sono pratici, facili da applicare e assolutamente affidabili. Questi dispositivi ad alto contenuto tecnologico, da tempo utilizzati in ambito ospedaliero, sono ora disponibili a noleggio comodamente a casa.

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Lombalgia - magnetoterapia

LOMBALGIA: IL MAL DI SCHIENA PATOLOGICO

Focus sul mal di schiena, altrimenti noto come lombalgia

“Ah…non sai che dolore alla schiena!” Chi di noi non ha mai pronunciato queste parole? Chiunque potrebbe immedesimarsi in questa situazione!

La lombalgia, il nome scientifico del mal di schiena aspecifico, è uno dei disturbi più conosciuti dagli italiani. Eppure la maggior parte di essi si limita a sopportare in silenzio il dolore, aspettando che passi da sé. Quando questo non accade, sarebbe invece bene intervenire e trovare una soluzione alla problematica.

Esistono molti rimedi per contrastare la lombalgia. In questo articolo cercheremo di prenderne in esame alcuni.

Prima di descrivere come è possibile trattare questo fastidioso disturbo, cerchiamo di comprendere innanzitutto che cosa si intende per lombalgia e da cosa può dipendere.  Vorresti avere qualche informazione sul mal di schiena patologico, ma non sai dove cercarle? Sei nel posto giusto!

Leggendo questo articolo scoprirai cos’è la lombalgia, da cosa è causata e come si può gestire il disturbo.

Premessa importante: ricordiamo che questo contenuto presenta solamente informazioni utili alla comprensione del problema. Per una diagnosi accurata invitiamo al consulto medico.

Detto ciò, possiamo cominciare: pronto a saperne di più sulla lombalgia e come contrastarla?

8 persone su 10 sono state colpite dalla lombalgia nel corso della propria vita

LOMBALGIA: LE STATISTICHE

La lombalgia è uno dei disturbi muscolo-scheletrici più comuni fra la popolazione adulta, con la più alta incidenza fra i 40 e i 50 anni di età. Il mal di schiena può interessare  entrambi i sessi. Le donne, tuttavia, sembrano essere maggiormente predisposte a sviluppare la problematica.

Sono 15 milioni gli Italiani che affermano di soffrire di mal di schiena. 

Secondo i dati del Ministero della Salute, circa l’80% della popolazione è colpito dalla lombalgia almeno una volta nella vita. Il disturbo, non a caso, rientra fra le maggiori cause di assenza dal luogo di lavoro. Il mal di schiena ha un’elevata incidenza sociale e economica: la lombalgia risulta in effetti la maggiore causa di disabilità sotto i 45 anni.

LOMBALGIA: COS’E’

Il termine lombalgia, con il quale viene identificato il comune mal di schiena, indica un dolore localizzato all’altezza della regione lombare, più precisamente alla parte bassa della colonna vertebrale. La lombalgia è una problematica estremamente diffusa, ma è anche un disturbo aspecifico: non si tratta infatti di una vera e propria malattia , quanto piuttosto di una manifestazione sintomatica che può essere ricondotta a diverse condizioni patologiche.

Essendo una struttura tanto mobile quanto complessa, la colonna vertebrale (e i segmenti che la compongono) è sottoposta quotidianamente a numerose sollecitazioni. Non stupisce, dunque, che esse possano favorire l’insorgenza di dolori e disturbi riconducibili alla lombalgia.

La lombalgia si distingue principalmente in due gruppi:

  • La lombalgia di origine vertebrale
  • La lombalgia di origine extra-vertebrale

Appartengono al primo gruppo le forme di lombalgia che derivano da processi degenerativi e/o patologie congenite quali discopatie, stenosi e malattie reumatiche. Rientrano invece nel secondo, gli stati patologici associati a disturbi viscerali o vascolari.

LOMBALGIA: LE CAUSE

Sono numerose le ragioni che si celano dietro un “banale” mal di schiena.

Di frequente, la lombalgia è riconducibile a un’eccessiva tensione o a un affaticamento del rachide. La situazione di stress può essere causata da sforzi eccessivi, carichi sproporzionati o posture inadeguate.

Alla base del mal di schiena  possono esservi stiramenti, contratture o distorsioni muscolari. Obesità e sedentarietà rappresentano condizioni predisponenti. Anche l’utilizzo di materassi di scarsa qualità rientra fra i fattori di rischio del mal di schiena.

Non di rado, la lombalgia è legata alla degenerazione dei dischi intervertebrali, giunzioni che mal sopportano le pressioni prolungate e i movimenti particolarmente bruschi. Concorrono comunque a questo processo l’invecchiamento e fattori meccanici.

N.B: Alcune patologie possono comparire in associazione con il mal di schiena: fra queste osteoartrite e artrite reumatoide.

LOMBALGIA: I SINTOMI

La lombalgia, ricordiamo, non è una malattia, bensì un sintomo che si palesa in modo continuo o intermittente. Il mal di schiena può essere presente a riposo oppure accentuarsi dopo uno sforzo fisico.

La principale manifestazione della lombalgia è certamente il dolore, che può essere acuto (se inferiore alle 4 settimane) o cronico (se si protrae per diversi mesi). Il dolore, in genere, cresce di intensità nel momento in cui vengono assunte determinate posizioni. Può anche irradiarsi agli arti inferiori (si parla in questo caso di sciatalgia). Quando il dolore si estende al fianco, potrebbe essere presente una compressione dei nervi spinali, originata da una protrusione discale o un’ernia.

Dolore a parte, è comunque bene notare che i disturbi associati alla lombalgia possono persistere per diverso tempo. Limitando fortemente i movimenti quotidiani, il mal di schiena compromette in modo significativo la qualità di vita.

In caso di dolori prolungati, l’adozione di pratiche non invasive come la magnetoterapia dovrebbe essere preferita al riposo assoluto.

LOMBALGIA: LA DIAGNOSI

Per identificare la causa primaria della lombalgia, l’anamnesi operata dal medico è la prima tappa. Tale indagine mira a escludere la presenza di patologie extra-vertebrali come fonte del problema.

L’esame obiettivo consente di valutare la condizione del paziente, indirizzandolo verso la cura migliore. Gli accertamenti clinici, che possono essere richiesti nei casi più gravi, comprendono radiografie, TAC e risonanze magnetiche.

LOMBALGIA: LA TERAPIA

Nel caso di disturbo aspecifico, il trattamento della lombalgia è puramente sintomatico. Per il trattamento delle lombalgie di origine extra-vertebrale si richiede di contro il consulto specialistico.

Una prevenzione indiretta del mal di schiena può essere realizzata correggendo difetti posturali o prestando attenzione a non effettuare movimenti scorretti. L’applicazione di ghiaccio rappresenta una misura altrettanto efficace. Anche lo svolgimento di una regolare attività fisica può essere d’aiuto.

Nelle situazioni di dolore acuto è utile la somministrazione di analgesici e antinfiammatori non steroidei, assunti per via orale o transcutanea (tramite cerotti medicati). Altri trattamenti utilizzati nel contrasto della lombalgia sono l’agopuntura e le iniezioni di cortisone, che è bene comunque non ripetere a lungo a causa dei potenziali effetti indesiderati. Analogamente, l’impiego di protesi discali non è esente da insuccessi e complicazioni, anche gravi.

In alcuni casi circoscritti (vd. rimozione dell’ernia del disco), è necessario il ricorso alla chirurgia. Tali interventi sono comunque poco frequenti, presentando un certo grado di rischio.

LOMBALGIA: COME INTERVENIRE

Sfortunatamente, le terapie convenzionali non rispondono sempre alle aspettative di chi soffre di mal di schiena. I rimedi farmacologici, per esempio, possono essere mal tollerati o provocare reazioni avverse. I disagi sono sempre dietro l’angolo.

Quando l’approccio tradizionale fallisce o non dà i risultati sperati, la medicina integrata può rappresentare la soluzione al mal di schiena cronico. Sotto questo profilo, il ricorso ai campi magnetici pulsati costituisce un rimedio particolarmente indicato per chi è colpito dalla lombalgia.

Laddove il dolore persiste e/o condiziona la qualità di vita del malato, una metodica sicura e priva di rischi quale la magnetoterapia risulta decisamente utile per il trattamento dei disturbi reumatici. Una soluzione pratica e non invasiva che è ora disponibile a livello domiciliare.

Gonalgia - Magnetoterapia

GONALGIA: QUANDO IL GINOCCHIO FA MALE

Focus sulla gonalgia o dolore al ginocchio

Molti di noi ne soffrono, o ne hanno sofferto in passato, pochi però ne riconoscono le caratteristiche: stiamo parlando della gonalgia o dolore al ginocchio. La gonalgia rappresenta uno dei disturbi reumatici più diffusi fra la popolazione italiana. Qualcuno si starà certamente chiedendo se sia possibile porvi rimedio? Se ti sei fatto anche tu questa domanda sei nel posto giusto. Leggendo questo articolo scoprirai in che cosa consiste la gonalgia, da cosa può dipendere e come si può risolvere il problema.

Hai sempre sentito parlare della gonalgia, ma non sai nulla a riguardo? Sei già informato sull’argomento, ma vuoi saperne di più? Prenditi qualche minuto per scoprire sintomi e fattori di rischio di questo disturbo particolarmente frequente. Capiremo insieme di che cosa si tratta.

Prima di iniziare la nostra indagine, ricordiamo che questo contenuto ha come scopo principale quello di aiutare a comprendere il problema della gonalgia. Per una diagnosi accurata o un esame approfondito invitiamo a consultare il proprio medico.

Pronto a saperne di più sulla gonalgia? Cominciamo!

Con la parola gonalgia identifichiamo un dolore di intensità variabile all’altezza del ginocchio.

GONALGIA: I NUMERI DEL FENOMENO

Quasi un italiano su tre soffre di dolori cronici e fra questi rientra indubbiamente la gonalgia. È difficile stabilire con esattezza quante siano le persone colpite dal disturbo. Come vedremo, infatti, il dolore al ginocchio può avere molteplici cause. La gonalgia, per esempio, può dipendere da malattie come l’artrosi.

La gonalgia può manifestarsi a qualunque età, ma è diffusa soprattutto fra gli anziani, le cui condizioni fisiche ne favoriscono lo sviluppo.

GONALGIA: COS’E’

La gonalgia, letteralmente “dolore al ginocchio” è un disturbo muscolo-scheletrico estremamente diffuso, una problematica che interessa soprattutto coloro che svolgono una vita attiva. Non si tratta dunque di una patologia a sé stante, bensì di un sintomo che può celare una qualche condizione patologica.  

Perché il ginocchio è tanto complesso?

L’articolazione del ginocchio è composta da ossa, muscoli, tendini e terminazioni nervose. Tale struttura consente di rimanere in posizione eretta e permette il movimento degli arti inferiori.

Alla formazione del ginocchio concorrono molteplici elementi: femore, tibia, rotula, menisco, capsula fibrosa e membrana sinoviale. Reggendo il peso del resto del corpo, tuttavia, il ginocchio viene sottoposto a costante e progressiva usura.   

GONALGIA: LE CAUSE

La gonalgia può dipendere dunque da molteplici cause. L’articolazione del ginocchio, lo abbiamo ormai capito, è tanto complessa quanto fragile, essendo costantemente esposta al rischio di rotture e/o alterazioni della sua funzionalità. Ogni elemento che la compone può essere interessato da processi patologici. Va notato, ad ogni modo, che l’articolazione del ginocchio risulta soprattutto soggetta a lesioni di natura traumatica, come distorsioni o fratture.

Dal punto di vista eziologico, la gonalgia può derivare dalle seguenti condizioni: lesioni al menisco, rotture dei legamenti, sindrome femoro-rotulea, instabilità della rotula, cisti di Baker, morbo di Osgood Schlatter (apofisite tibiale anteriore). Alla radice del problema possono esservi anche forme infiammatorie, come la tendinite rotulea (detta anche ginocchio del saltatore) e la borsite rotulea (o ginocchio della lavandaia) oppure patologie croniche quali artrite o, appunto, artrosi.

Fra le condizioni che possono favorire la comparsa di una gonalgia figurano la postura scorretta e lo sbalzo di temperatura. I fattori di rischio della gonalgia sono numerosi e comprendono peso eccessivo, fratture pregresse e anomalie strutturali (ginocchio varo o valgo). Anche particolari attività sportive possono rappresentare situazioni predisponenti (si pensi alla danza classica)

N.B: La gonalgia può peggiorare considerevolmente se trattata in maniera scorretta o tardiva.

La gonalgia può dipendere da semplici infiammazioni o da patologie come l’artrosi.

GONALGIA: I SINTOMI

I sintomi associati alla gonalgia sono tanto numerosi quanto le cause che lo possono determinare. Tipicamente si accompagna al dolore un certo grado di rigidità articolare. Possono poi comparire lividi, arrossamenti e gonfiori.  Il dolore può essere transitorio e non essere legato ad alcuna malattia. Se ricorrente, di contro, questo può indicare la presenza di una condizione patologica.

La gonalgia ha carattere e intensità variabile. Il dolore può manifestarsi in tutte le diverse parti del ginocchio: anteriore, posteriore, mediale e laterale. Sono frequenti gli episodi di cedimento.

Limitando notevolmente lo svolgimento delle attività quotidiane, il dolore al ginocchio risulta estremamente debilitante e, talvolta, persino invalidante. 

GONALGIA: LA DIAGNOSI

Per capire da cosa può dipendere la gonalgia è necessario in primo luogo individuare la localizzazione del dolore, valutandone tempi e modalità di insorgenza. Il test del glide rotuleo, così come quello di apprensione, può essere utile a fini diagnostici. Tra gli esami strumentali eventualmente richiesti figurano la risonanza magnetica nucleare e la TAC.

GONALGIA: LA TERAPIA

Il trattamento della gonalgia è in genere conservativo.

Le tecniche di manipolazione possono contribuire alla riduzione della rigidità muscolare. Farmaci e infiltrazioni di acido ialuronico possono ostacolare i processi patologici, ritardandone la progressione. Per la gestione della gonalgia, può essere utile ricorrere a tutori, ginocchiere stabilizzanti e nastri Taping. Possono essere inoltre prescritti plantari propriocettivi e ortesici correttivi.

GONALGIA: COME INTERVENIRE

Come noto, le terapie convenzionali non si rivelano sempre efficaci nel contrastare la gonalgia e possono non rispondere ai bisogni del malato. I rimedi farmacologici, in particolare, possono essere mal tollerati da coloro che ne fanno ricorso o provocare reazioni avverse.

In questi casi, la magnetoterapia può rappresentare la soluzione al problema. La magnetoterapia è una metodica sicura e non invasiva impiegata con successo nella gestione del dolore al ginocchio. Grazie ai campi magnetici le persone interessate dalla gonalgia possono combattere il dolore in modo efficace, migliorando così la propria qualità di vita.

 

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Epicondilite

EPICONDILITE: COME TRATTARE IL GOMITO DEL TENNISTA

Focus sull’epicondilite, il celebre “gomito del tennista”.

Se lavarsi i denti o sollevare una bottiglia risulta improvvisamente difficile ci si potrebbe trovare di fronte al noto gomito del tennista o epicondilite, una delle problematiche muscolo-scheletriche più diffuse. Ma che cosa si intende per epicondilite? E, soprattutto, come è possibile porvi rimedio?

Hai sempre sentito parlare del famigerato gomito del tennista, ma non sai nulla a riguardo? Vorresti avere qualche informazione in merito, ma non sai dove cercarle? Sei nel posto giusto! Leggendo questo articolo scoprirai cos’è l’epicondilite, da cosa è causata e come si deve trattare il problema.

Prima di iniziare la nostra disamina, ricordiamo che questo articolo presenta solamente alcune informazioni utili alla comprensione del problema esaminato. Per ogni ulteriore approfondimento e/o diagnosi accurata invitiamo ad interpellare il proprio medico.

Pronto a saperne di più sull’epicondilite? Cominciamo!

Il dolore dato dall’epicondilite è tipicamente ben localizzato. Un disturbo generico al gomito può essere invece causato da patologie come l’artrosi.

EPICONDILITE: LE STATISTICHE

Il gomito del tennista o epicondilite laterale insorge nel momento in cui movimenti ripetuti compromettono l’estensione del polso e le normali funzionalità dell’avanbraccio. Sono considerati soggetti a rischio coloro che praticano sport con racchetta, ma anche gli individui che svolgono specifiche attività professionali (ad esempio: cuochi, giardinieri e falegnami).

L’epicondilite tende a manifestarsi tra i 30 e i 50 anni di età. Nonostante ciò, chiunque può essere colpito dal disturbo qualora sia esposto ai rispettivi fattori predisponenti.

EPICONDILITE: COS’E’

Si ha a che fare col gomito del tennista quando i tendini che collegano i muscoli dell’avambraccio all’epicondilo laterale (la parte esterna del gomito) risultano infiammati. In genere, l’epicondilite è determinata da un sovraccarico funzionale. Non per nulla, la problematica interessa sopratutto i soggetti che ripetono più volte determinati tipi di azione.

Il gomito del tennista è una tendinopatia inserzionale: il processo flogistico interessa l’inserzione dei muscoli estensori dell’avambraccio, quelli che originano dall’epicondilo laterale del gomito (localizzato in prossimità dell’estremità inferiore dell’omero).  

Il gomito dal tennista colpisce solo i tennisti?

Il 95% degli individui affetti da epicondilite non pratica il tennis. Viceversa, una percentuale considerevole dei tennisti (tra il 10 e il 50% del totale) presenta una sintomatologia riconducibile al disturbo descritto.

EPICONDILITE: LE CAUSE

L’epicondilite è dunque causata da un’infiammazione a carico delle strutture muscolo-tendinee responsabili dell’estensione del polso o delle dita della mano.

Si tratta di una condizione che ha luogo principalmente quando i muscoli e i tendini del gomito sono indotti a sforzi eccessivi oppure quando movimenti scorretti determinano microtraumi ripetuti.

N.B: L’epicondilite è una malattia curabile, ma può peggiorare in modo considerevole se non viene trattata tempestivamente ed in maniera adeguata.

L’epicondilite interessa la parte esterna dell’articolazione; il disturbo percepito sul lato interno del gomito è noto invece come “gomito del giocatore di golf”

EPICONDILITE: I SINTOMI

Il principale sintomo dell’epicondilite è il dolore avvertito in corrispondenza dell’epicondilo laterale, appena sotto il gomito; disturbo che può irradiarsi al polso e alla mano.

Inizialmente, la sensazione dolorosa compare nel momento in cui si eseguono movimenti di estensione del polso, aumentando con il coinvolgimento dei muscoli vicini. Con il passare dei giorni, non di meno, il dolore può propagarsi lungo l’intero arto superiore e persistere anche a riposo. Le attività di tutti i giorni vengono così compromesse: semplici gesti quali dare la mano, sollevare una bottiglia o aprire una porta diventano improvvisamente ostacoli insormontabili.

Lo stato di infiammazione può durare dai sei mesi ai due anni. I sintomi tendono comunque a manifestarsi con gradualità.

Oltre al dolore, sintomi tipici dell’epicondilite sono l’indebolimento dei movimenti della mano e l’aumento della rigidità muscolare. Il braccio colpito è prevalentemente quello dominante, ma entrambi gli arti possono essere interessati dal disturbo.

EPICONDILITE: LA DIAGNOSI

La diagnosi si effettua mediante la palpazione diretta e l’esecuzione di specifici test di accertamento (Cozen e Mills) durante l’esame obiettivo. Per escludere la presenza di altre patologie, ad ogni modo, possono essere prescritte indagini ai raggi X e risonanze magnetiche.

EPICONDILITE: LA TERAPIA

Il trattamento dell’epicondilite è in genere conservativo. Si preferisce ricorrere alla soluzione chirurgica soltanto se strettamente necessario.

Trattandosi di una condizione autolimitante, l’infiammazione può guarire spontaneamente con il riposo. Tuttavia, se non gestita in modo corretto, la problematica può cronicizzarsi.

Le tecniche di manipolazione possono contribuire alla riduzione della rigidità muscolare. Analogamente, rimedi quali l’applicazione di impacchi freddi, l’utilizzo di tutori di supporto e l’assunzione di medicinali antidolorifici (paracetamolo e farmaci non steroidei) possono rivelarsi utili per contrastare il dolore, che può persistere a lungo. In alcuni casi, non a caso, possono essere prescritte iniezioni di corticosteroidi (tramite infiltrazioni).

EPICONDILITE: COME INTERVENIRE

Sfortunatamente, le procedure convenzionali non rispondono sempre alle aspettative del malato. I rimedi farmacologici tradizionali possono essere mal tollerati o provocare reazioni avverse. L’applicazione locale di gel cutanei, viceversa, per alcuni può risultare fastidiosa. Gli interventi chirurgici, d’altra parte, per quanto alle volte necessari, non sono esenti da rischi e comportano notevoli disagi.

Nei casi in cui le terapie convenzionali non rappresentano la soluzione al problema, possono intervenire le terapie fisiche, in grado di accelerare il percorso di guarigione e contrastare i sintomi dell’epicondilite. Ove il dolore persiste e/o condiziona la qualità di vita del malato si raccomanda l’impiego della magnetoterapia, metodica sicura e non invasiva per il trattamento dei disturbi reumatici. Una soluzione pratica ed efficace contro il gomito del tennista.  

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sindrome del tunnel carpale

LA SINDROME DEL TUNNEL CARPALE: L’INCUBO DI MILIONI DI ITALIANI

Guida sulla sindrome del tunnel carpale e su come combattere questa problematica sempre più frequente.

Formicolii che rovinano il sonno, intorpidimenti alla mano, senso del tatto alterato; la celebre sindrome del Tunnel carpale è una delle patologie più temute dagli italiani. Pochi sanno però in che cosa consista questo disturbo.

Hai sempre sentito parlare della sindrome del tunnel carpale, ma non sai nulla a riguardo? Vorresti avere qualche informazione in più sull’argomento, ma non sai dove cercarle?  Sei fortunato: questo è il posto che fa per te! Dopo la lettura di questo articolo saprai cos’è la sindrome del tunnel carpale, da cosa è causata e quali sono le terapie per la sua cura.

Prima di introdurci nello studio della sindrome del tunnel carpale, ricordiamo che questo contributo offre solamente spunti utili alla comprensione del problema: non si sostituisce al consulto medico, che rimane infatti di esclusiva competenza medica.

Fatte queste premesse, possiamo ora iniziare a parlare della sindrome del tunnel carpale.

Statisticamente, l’incidenza della sindrome del tunnel carpale è maggiore nelle donne rispetto agli uomini (rapporto di 3 a 1).

SINDROME DEL TUNNEL CARPALE: LE STATISTICHE

La sindrome del tunnel carpale può colpire qualsiasi fascia d’età. Tendenzialmente, tuttavia, interessa soprattutto gli adulti in età lavorativa. La problematica è molto frequente fra la popolazione italiana e si manifesta con un’incidenza maggiore fra i 30 e i 50 anni.

Oltre alle condizioni sopra menzionate, fra i fattori di rischio associati alla sindrome tunnel carpale figurano specifiche situazioni fisiologiche (gli stati di gravidanza), le malattie sistemiche (diabete, artrite reumatoide e ipotiroidismo), gli eventi traumatici e la storia familiare. Sembra inoltre che lavori ripetitivi e manuali (come ad esempio l’utilizzo prolungato del pc) possano essere coinvolti nello sviluppo della sindrome.

SINDROME DEL TUNNEL CARPALE: COS’E’

La sindrome del tunnel carpale è un disturbo localizzato che determina dolore, senso di intorpidimento e un fastidioso formicolio nella zona della mano. Tale stato patologico rientra nel gruppo delle neuropatie da intrappolamento (interessa infatti il nervo mediano del polso).

SINDROME DEL TUNNEL CARPALE: LE CAUSE

Il tunnel carpale è una struttura anatomica, situata all’altezza del polso, che forma una sorta di passaggio per il nervo che scorre lungo tutto il braccio fondamentale per i movimenti degli arti superiori: il nervo mediano. La sindrome del tunnel carpale insorge quando il nervo mediano subisce una compressione nervosa tale da ridurre la propria funzione sensitiva e motoria. Schiacciato dai tessuti circostanti, il nervo mediano finisce per irritarsi, dando origine alla sensazione dolorosa. Il meccanismo alla base dello schiacciamento nervoso è tuttavia ancora sconosciuto.        

In circa il 70% dei casi la Sindrome del Tunnel Carpale è bilaterale.

SINDROME DEL TUNNEL CARPALE: I SINTOMI

La sindrome del tunnel carpale si distingue per il caratteristico senso di intorpidimento alla mano (formicolio), che può essere talvolta associato a dolore. I disturbi possono essere inizialmente intermittenti e diventare cronici nel corso del tempo. I sintomi della sindrome del tunnel carpale tendono ad acutizzarsi durante la notte ovvero nel momento in cui vengono stabilmente sollecitate le regioni interessate.

Oltre ai segnali tipici, la sindrome del tunnel carpale può dar luogo a manifestazioni sintomatiche quali gonfiore, alterazioni del colore della pelle e atrofie muscolari, con conseguente difficoltà a compiere le più semplici azioni manuali come scrivere o impugnare un oggetto.

SINDROME DEL TUNNEL CARPALE: LA DIAGNOSI

Solitamente, un esame obiettivo accurato è sufficiente per diagnosticare la sindrome del tunnel carpale. In alcuni casi, ad ogni modo, è necessario ricorrere ad ulteriori controlli per accertare la natura reale del disturbo. Fra gli esami strumentali cui è possibile ricorrere vi sono l’elettromiografia e il test dei raggi X.

SINDROME DEL TUNNEL CARPALE: LA TERAPIA

La terapia della sindrome del tunnel carpale può essere conservativa o chirurgica, a seconda della gravità e della durata della sintomatologia. Il trattamento terapeutico dipende dalla gravità e dalla durata dei sintomi. Quando i disturbi sono moderati la terapia è in genere conservativa. Solamente nei casi più gravi si intraprende la strada della chirurgia.  

Rientrano in questo gruppo di trattamenti, l’impiego di impacchi di ghiaccio, l’utilizzo di tutori in grado di bloccare la flessione del polso e la somministrazione di farmaci corticosteroidi (antinfiammatori). Per prevenzione, può essere utile comunque correggere alcuni comportamenti: prendere delle pause durante il lavoro, migliorare la postura del corpo e ridurre lo stato di tensione alle articolazioni.

SINDROME DEL TUNNEL CARPALE: COME INTERVENIRE

Alcune soluzioni farmacologiche possono essere somministrate tramite iniezione locale direttamente sulla zona dolente. Un uso prolungato di questi composti può avere tuttavia gravi effetti collaterali. Senza contare che questi rimedi rappresentano in ogni caso risposte temporanee.

Anche l’intervento chirurgico, per quanto talvolta necessario (e fondamentalmente sicuro), non è esente da possibili complicazioni e non esclude eventuali recidive. I postumi dell’operazione, peraltro, possono farsi sentire a lungo, creando notevoli disagi sulle abitudini quotidiane.

In queste circostanze, ma più in generale dove vi è la necessità di trattare i disturbi di natura osteo-articolare, la fisioterapia e la medicina integrata rivestono un ruolo fondamentale.

La magnetoterapia rappresenta un approccio non invasivo e non farmacologico che favorisce il naturale recupero della funzionalità e della forza muscolare compromesse dalla sindrome del tunnel carpale. Una soluzione pratica e facilmente applicabile contro questa problematica.  

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Artrosi

ARTROSI: UNA MALATTIA SEMPRE PIÙ’ DIFFUSA

Vademecum sull’artrosi e su come contrastare questa grave patologia che colpisce milioni di italiani.

Hai sempre sentito parlare di artrosi, ma non sai esattamente di che cosa si tratta? Ne soffri anche tu o conosci qualcuno che ne soffre e vorresti approfondirne sintomatologia e trattamenti?
Sei nel posto giusto.

Se ti è stata diagnostica un’artrosi e vuoi capirne di più, questo articolo è ciò che fa al caso tuo. In queste righe troverai tutte le informazioni più importanti in merito all’artrosi.

Prima di scoprire cos’è l’artrosi, ricordiamo che questa breve guida offre solo alcuni spunti utili alla comprensione della problematica e non sostituisce in alcun modo il consulto medico, che rimane di esclusiva competenza dei professionisti di settore.

Fatta questa premessa, è finalmente arrivato il momento di esaminare la condizione dell’artrosi. Partiamo!

I disturbi degenerativi più frequenti sono l’artrosi al ginocchio, l’artrosi alla spalla e l’artrosi all’anca.

ARTROSI: LE STATISTICHE

La comparsa dell’artrosi è direttamente legata all’invecchiamento: la sua insorgenza, infatti, aumenta proporzionalmente con l’aumentare dell’età. L’artrosi è di gran lunga la più importante causa di dolore e di invalidità fra la popolazione anziana.

Prima dei 45 anni sono gli uomini ad essere i più colpiti dalla condizione patologica. In età senile, viceversa, è fra il sesso femminile che la patologia si riscontra più frequentemente. L’artrosi affligge milioni di persone in tutto il mondo e tende a peggiorare nel corso degli anni. In Italia ne soffrono più di 4 milioni di individui.

ARTROSI: COS’E’

L’artrosi, conosciuta anche come osteoartrite, è una malattia ad evoluzione cronica che colpisce le regioni articolari. Si tratta di una patologia a carattere degenerativo che comporta una severa limitazione dei movimenti e la progressiva perdita delle componenti anatomiche che formano le articolazioni.

L’artrosi interessa prevalentemente l’area delle vertebre e le regioni articolari degli arti. Il processo artrosico è contraddistinto da una graduale lesione della cartilagine articolare così come dell’osso sottostante: nel momento in cui il tessuto cartilagineo va ad usurarsi completamente, le ossa che compongono l’articolazione finiscono per fare frizione l’una sull’altra, venendo così danneggiate.

L’artrosi non deve essere confusa con l’artrite reumatoide, che ha un meccanismo di base differente. L‘artrosi non è peraltro una malattia infiammatoria, ma una condizione degenerativa cronica.

ARTROSI: LE CAUSE

L’artrosi è una patologia multifattoriale, che può essere determinata da molteplici cause.  

In base al fattore predisponente, l’artrosisi distingue in artrosi primitiva (senza causa apparente) e artrosi secondaria (conseguenza di eventi traumatici, processi infiammatori o sovraccarichi funzionali). La prognosi varia in funzione dell’articolazione interessata e delle possibilità di intervento sulle cause d’insorgenza.

La malattia colpisce soprattutto gli anziani. L’elemento dell’ereditarietà appare un fattore predisponente. Fra i principali fattori di rischio, figurano l’ereditarietà e l’obesità, l’elemento senza dubbio più rilevante.

Il 15% delle visite ambulatoriali riguarda l’artrosi (Associazione Nazionale Malati Reumatici)

ARTROSI: I SINTOMI

L’artrosi è una patologia cronica che determina dolore e dà origine a disabilità. Il dolore artrosico può essere intermittente, con fasi di riacutizzazione e di remissione dei sintomi.

A essere interessate dalla problematica sono soprattutto le ginocchia, le anche, le articolazioni delle mani e la colonna vertebrale. L’usura della cartilagine provoca inoltre tumefazioni e il rimodellamento delle ossa e dei legamenti.

ARTROSI: LE CONSEGUENZE

L’artrosi riduce significativamente la qualità di vita di chi ne viene colpito. A causa del graduale invecchiamento della popolazione e dell’incremento progressivo del tasso di obesità, i medici prevedono che la prevalenza dello stato patologico sia destinata ad aumentare.

ARTROSI: LA DIAGNOSI

La diagnosi dell’artrosi si basa sull’individuazione delle manifestazioni sintomatiche nonché sull’esame radiologico, che può mettere in rilievo le deformazioni dell’articolazione affetta.

ARTROSI: LA TERAPIA

Le terapie farmacologiche (FANS e cortisone) e la chirurgia possono alleviare i sintomi dell’artrosi,migliorando la funzionalità articolare. Il decorso della patologia è tuttavia irreversibile. La prevenzione dell’artrosi si basa sotto questo profilo sul controllo dei fattori di rischio. Occorre a tal proposito evitare il sovrappeso, le posizioni scorrette ed i carichi eccessivi e ripetuti.

ARTROSI: COME INTERVENIRE

Laddove i rimedi convenzionali non riescono a soddisfare le aspettative del malato, si può far affidamento sulle terapie alternative e tecnologiche come la magnetoterapia, utilizzata con successo nella gestione del processo artrosico e dei sintomi correlati.

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Artrite Reumatoide

ARTRITE REUMATOIDE: UN PROBLEMA PER MIGLIAIA DI PERSONE

L’artrite reumatoide è una delle patologie più note e nel contempo meno conosciute fra la popolazione del nostro paese.

In famiglia o entro la propria cerchia di amici sempre più spesso si sente parlare di artrite reumatoide. Quanti di noi però, ne conoscono davvero le peculiarità? Frequentemente confusa con altri disturbi, l’artrite reumatoide rappresenta un problema per migliaia di persone. Come è possibile affrontarla? Ne discuteremo sotto.

Desideri avere qualche informazione in merito all’artrite reumatoide, ma non sai dove trovarle? Sei a conoscenza di che cosa si tratta, ma vorresti saperne di più? Qui potrai ottenere le risposte che tanto aspettavi. Scoprirai in che cosa consiste l’artrite reumatoide, le caratteristiche che la contraddistinguono e quali rimedi possono essere messi in atto per il suo contrasto.

N.B: questo articolo ha lo scopo di favorire la comprensione dell’artrite reumatoide e non è da intendere come sostituto del consulto medico. Raccomandiamo pertanto di rivolgersi al personale sanitario in caso di bisogno.

Approfondiamo allora l’artrite reumatoide.

Gli italiani malati di artrite reumatoide sono quasi mezzo milione, il 75% di sesso femminile.

Sono identificate col termine di artrite (letteralmente ‘articolazione dolorante’) più di cento patologie differenti, accomunate dalla caratteristica di determinare uno stato infiammatorio a livello fisiologico (Centro nazionale per la prevenzione delle malattie e la promozione della salute dell’Istituto superiore di sanità). Le diverse forme di artrite rientrano nella macro-categoria dei cosiddetti reumatismi, il principale fattore di disabilità nella popolazione adulta.

L’artrite reumatoide è una malattia cronica che interessa le articolazioni, in particolare la membrana sinoviale, il cui liquido va a nutrire la cartilagine e le ossa all’interno della capsula articolare. La sua infiammazione comporta la distruzione del tessuto cartilagineo e la conseguente erosione dell’osso adiacente.

L’artrite reumatoide è una patologia autoimmune che si manifesta quando le difese immunitarie (per motivi ignoti) iniziano ad attaccare il sistema articolare. Fattori genetici ed ambientali sembrano associati allo sviluppo dell’affezione. Anche alcuni farmaci, nondimeno, sembrano poter predisporre alla stessa. I sintomi dell’artrite reumatoide possono essere confusi con quelli dell’artrosi, la quale, tuttavia, è una malattia degenerativa che non ha origine autoimmunitaria.

Dolore, gonfiore e rigidità sono segni caratteristici della malattia, ma possono pure comparire astenia e stati febbrili. Distinguono la condizione dell’artrite reumatoide i disturbi alla mano (polsi e dita) ed il fatto che questa colpisce in modo simmetrico entrambi i lati del corpo. Il decorso della patologia può essere lieve o grave. In alcuni casi, le manifestazioni dolorose sono costanti, altre volte intermittenti (alternanza periodi di riacutizzazione e remissione).

L’artrite reumatoide interessa circa 400 mila pazienti in Italia ed è diffusa principalmente fra la popolazione femminile (Fondazione Veronesi).

La malattia ha conseguenze significative sotto il profilo emotivo. Fra le persone affette dalla problematica, ansia e depressione sono infatti sintomi comuni. L’artrite reumatoide ha anche pesanti ricadute dal punto di vista sociale: interferisce con le attività quotidiane del malato ed i costi sanitari correlati gravano quasi interamente sulle loro famiglie (ospedalizzazioni, esami diagnostici, terapie riabilitative o farmacologiche, assistenza domestica, ecc…).

A causa di una sintomatologia comparabile a quella di altre affezioni (e del fatto che la stessa varia da soggetto a soggetto), identificare l’artrite reumatoide risulta complicato. Ad oggi, non esiste inoltre alcun esame specifico per la diagnosi della condizione, che giunge di fatto per esclusione. Esami di laboratorio quali il Reuma test (ricerca del fattore reumatoide) sono funzionali alla conferma della prognosi medica.

L’attuale approccio di cura dell’artrite reumatoide ha l’obiettivo di ridurre lo stato infiammatorio (A), rallentare il processo di lesione dell’articolare (B), e migliorare la salute complessiva del malato (C). L’Iter convenzionale comprende cambiamenti nello stile di vita del malato, l’utilizzo di soluzioni farmacologiche (corticosteroidi, FANS e DMARDs) e programmi di trattamento fisioterapeutico. Anche l’opzione chirurgica non è esclusa.

Per quanto talvolta efficaci, tali strategie non si rivelano sempre risolutive. Laddove le pratiche tradizionali non apportano i benefici auspicati, può intervenire la medicina integrativa, come ad esempio la magnetoterapia che risulta particolarmente utile nella gestione dei problemi reumatici.